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FILOSOFIA E SCIENZA : CARTESIO VS HEISENBERG
Chiunque abbia un minimo di nozioni sulla meccanica quantistica, saprà degli immensi problemi epistemologici da essa suscitati. Infatti a partire dal principio di indeterminazione di Heisenberg lo sviluppo della scienza fisica nell'ambito miscroscopico non è più andato avanti per leggi certe, ma per equazioni di probabilità. L'uomo ha dunque dovuto fare i conti col fatto che la scienza non potesse esprimersi su un mondo "in sè", ma per forza di cose avesse un limite ontologico al suo campo di indagine, dato dalla costante ridotta di Plank.
Ma, ci si chiede a questo punto, da dove derivava la precedente certezza di assolutezza del mondo come oggetto di indagine scientifica?? Da dove derivava il "dogma" della realtà??
Per esaminare questo concetto dobbiamo risalire al padre della filosofia scientifica moderna, il filosofo francese Renèe Descartes, latinizzato Cartesio.
Se c’è un’asserzione la cui validità, scientifica o filosofica che sia, non è mai stata messa in dubbio, questo è proprio il suo “cogito, ergo sum”. Fortunatamente almeno questa certezza ci rimane anche dopo la teoria dei “quanta”.
Viene compromessa invece la validità delle altre conclusioni della filosofia di Cartesio.
Ma andiamo con ordine: Cartesio, nel Discorso sul metodo fonda la base della conoscenza sul “cogito”, e quindi sull’idea di “io”, da qui passa a derivare l’idea di Dio attraverso tre dimostrazioni, due delle quali sintetiche e una ontologica, e poi dimostra la validità dell’idea del mondo, come conseguenza della bontà di Dio, che essendo buono non può ingannare l’uomo, e quindi se la percezione umana è interamente tesa verso un’idea intuitiva di mondo, tale percezione deve per forza corrispondere alla realtà perché è impossibile che Dio, che è la fonte di tutto, ci fornisca una percezione della realtà falsa o distorta (tralasciamo i falsi presupposti teologici dai quali si sviluppano queste dimostrazioni, che in ogni caso verranno invalidati da Kant un secolo e mezzo dopo).
Si viene quindi a proporre un triangolo Io-Dio-Mondo che è la base del sistema Cartesiano, un triangolo che in ogni caso non è composto da tra vertici distinti, ma da tre concetti che si compenetrano. Appare infatti indispensabile che Dio sia un ente che interagisce col Mondo e che la sua idea sia presente nell’Io per poter essere l’ente da cui deriva la realtà e il pensiero, così come che l’Io sia in Dio e nel mondo appare cosa di per sé evidente dalla nostra duplice natura di esseri materiali e spirituali. Tuttavia Cartesio stesso utilizza questa costruzione “tripartita” solo per le dimostrazioni di tipo generale, che richiedono la presenza di un “garante” soprannaturale, Dio appunto, mentre per quanto riguarda il resto dell’indagine conoscitiva, il triangolo perde un vertice e diventa una semplice contrapposizione tra “io” e “mondo”, meglio definibili come “res cogitans” (l’io pensante) e “res extensa” (il mondo). Tra l’altro Pascal riprovererà a Cartesio questa sua “presunzione” che lo porta ad usare Dio solo quando gli serve nelle sue dimostrazioni logiche, trasformando il “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe” in un “Deus ex machina”.
Le due realtà di “res cogitans” e “res extensa” sebbene siano separate, sono tuttavia unite nell’essere umano, che è sostanza pensante e allo stesso tempo sostanza estesa. Tuttavia nell’ambito dell’indagine conoscitiva Cartesio li considera come enti separati, una divisione che è sempre stata considerata valida in ambito scientifico, dove lo scienziato si pone al di fuori del fenomeno che vuole indagare, e quindi fuori da quella parte di mondo che è l’oggetto della sua ricerca, e ha fornito alla scienza una base filosofica sulla quale operare. Proprio per questo infatti Cartesio è da sempre considerato il fondatore della filosofia della scienza moderna.
Ma come si colloca tutto ciò rispetto alla meccanica quantistica? Oggi noi sappiamo che la presenza dell’osservatore interferisce con l’oggetto osservato, modificandone l’osservazione stessa. Questo nega la divisione tra sostanza pensante e sostanza estesa, poiché se esiste, ed è bene a questo punto sottolineare il “se”, una sostanza estesa assoluta, alla sostanza pensante non è dato saperlo.
Infatti proprio l’essere umano come “res cogitans” non può più non considerarsi anche come “res extensa” nell’ambito dell’indagine scientifica, perché questa sua componente materiale entra in gioco attivamente in questo ambito. La scienza uscita dal dualismo cartesiano era “descrizione e spiegazione del mondo”, ora bisogna considerarla “quella parte dell’azione reciproca tra uomo e mondo, che descrive il mondo in rapporto ai sistemi che l’uomo usa per indagarlo” (definizione di W. Heisenberg). A pensarci bene tutte le difficoltà di interpretazione della teoria dei “quanta” derivano da questa divisione che si può far risalire (come formulazione filosofica) a Cartesio, ma che è penetrata tanto profondamente nella mente umana nei secoli successivi, e che ora ci vorrà molto tempo perché possa essere sostituita da un atteggiamento diverso.
La concezione del mondo di Cartesio è stata denominata “realismo dogmatico” o “realismo metafisico”: il mondo, come totalità della “res extensa” esiste a prescindere dalle condizioni di verificabilità di questa affermazione. In realtà i due termini non sono esattamente equivalenti, perché al realismo metafisico viene associata l’idea della necessarietà dell’esistenza del mondo su base soprannaturale e divina (qui emerge compiutamente il senso dell’affermazione “Dio non può averci ingannato”), mentre il realismo dogmatico si limita a considerare l’esistenza del mondo come un fatto “oggettivo” e non “assolutamente necessario”. Tuttavia entrambe queste concezioni considerano il mondo come esistente assolutamente, per questo possiamo considerarle alla stessa stregua di quelle che hanno fatto da presupposto alle filosofie scientifiche successive a Cartesio fino al 1900.
Il realismo metafisico-dogmatico è stata la chiave interpretativa della realtà per tre secoli, e la base sulla quale si sono costruite tutte le scienze, e sulla quale si riteneva dovessero essere costruite tutte le scienze a venire.
Con la meccanica quantistica si è passati da questo tipo di concezione a quella del “realismo pratico”, ossia a quella concezione di pensiero secondo la quale noi possiamo considerare con buona approssimazione il mondo in cui viviamo come esistente, senza però “oggettivare” questa affermazione dandole validità assoluta. In effetti sembra difficile a chiunque accettare l’idea che il mondo possa anche non esistere per come lo conosciamo. Tanto più uno scienziato che indaghi su un fenomeno vorrebbe poter credere di essere alla ricerca di qualcosa di oggettivamente vero, il che spiega come mai all’inizio nessuno volle accettare le conclusioni della meccanica quantistica. Tuttavia appare chiaro che non tutte le scienze sono esatte, e che alcune di esse possono anche fondarsi sul realismo pratico e non solo su quello dogmatico.
Tra gli scienziati del '900 che meno riuscirono ad accettare il venir meno del realismo dogmatico ci fu anche Albert Einstein che, sebbene fosse uno di coloro che inizialmente aveva sostenuto e contribuito a creare il modello quantistico con la sua teoria dell'effetto fotoelettrico (che gli valse il premio Nobel), non accettava le conclusioni filosofiche cui esso portava.
Per Einstein era inconcepibile che una teoria fisica potesse essere valida e completa pur descrivendo una realtà in cui esistono delle mere probabilità di osservare alcuni eventi e in cui queste probabilità non sono statistiche ma ontologiche. Einstein non accettava inoltre l'assunto della teoria in base al quale qualcosa esiste solo se viene osservato (o meglio, esiste per come viene osservato, solo quando viene osservato, ed è inconoscibile negli altri momenti). Einstein sosteneva che la realtà (fatta di materia, radiazione, ecc...) sia un elemento oggettivo, che esiste indipendentemente dalla presenza o meno di un osservatore e indipendentemente dalle interazioni che può avere con altra materia o radiazione.
Sulla sponda opposta, fautore del più estremo indeterminismo, Bohr sosteneva che la realtà si manifesta solo nel momento in cui viene osservata, anche perché, faceva notare, non esiste neanche, in linea di principio, un metodo atto a stabilire se qualcosa esiste mentre non viene osservato.
È rimasta famosa, tra i lunghi e accesi dibattiti che videro protagonisti proprio Einstein e Bohr, la domanda di Einstein rivolta proprio a Bohr “Allora lei sostiene che la luna non esiste quando nessuno la osserva?”. Bohr rispose che la domanda non poteva essere posta perché concettualmente priva di risposta.
Anche la celebre frase di Einstein “Dio non gioca a dadi con il mondo” fu espressa proprio in uno di questi dibattiti con Bohr, e si riferiva proprio all’indeterminismo probabilistico.
La frase era quindi intesa a esprimere la radicata convinzione che la natura dovesse avere un ordinamento razionale e comprensibile, e non dovesse essere quindi espressa per mezzo di probabilità. E’ quindi errata l’interpretazione che si fa della frase secondo la quale viene ricondotta a una sorta di “teismo scientifico” di tipo galileiano. Altrettanto celebre rimase la risposta di Bohr a questa affermazione di Einstein: “signor Einstein, non dica a Dio quello che deve fare”.
E' tuttavia interessante notare come proprio i modelli atomici di Bohr, nonostante si fondino interamente su principi quantistici, siano considerati modelli "semi-quantistici". Infatti Bohr nonostante affermi l'inconoscibilità delle variabili meccaniche di un elettrone (quantità di moto, posizione, energia cinetica), introduce delle nuove variabili mediante le quali si può comunque studiare in maniera deterministica un elettrone.
Queste nuove variabili sono i 4 numeri quantici, che rappresentano il livello energetico dell'elettrone, l'orbitale di appartenenza, il momento magnetico e lo spin.
Attraverso di esse si sono potuti proseguire gli studi sulle particelle di dimensioni elettroniche (positroni, neutrini, muoni, tauoni, etc.) senza violare i principi di Heisenberg.
Questi risultati hanno permesso alla scienza di uscire dalla crisi di inizio '900 e di proseguire la sua corsa verso il sapere. Teoria dei Quark, teoria delle Stringhe e delle Superstringhe, sono tutti risultati che dimostrano come la scienza, sebbene possa attraversare dei momenti in cui sembra perdere forza, alla fine attua solo un cambio di prospettiva, e ciò che prima sembrava un edificio, dopo rimane a costituire le fondamenta di un edificio molto più grande.
mormorato nell'oscurità da: Kendros
Fonte : www.theperfectstorm.splinder.com
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