Ok, domanda: esiste il destino o il libero arbitrio?
Forse si tratta solo di una questione di scelta: le persone più aperte ritengono che esiste il libero arbitrio per avere la possibilità di scegliere della propria vita, mentre quelle più disfattiste pensano che esiste il destino per poter scaricare da qualche altra parte la responsabilità di aver deciso di non fare nulla per la propria condizione.
O forse c’è qualcosa di più profondo e di reale: forse siamo davvero liberi, o davvero non lo siamo...
Gli antichi filosofi Greci, anticipando di molto le conoscenze moderne, supposero che la materia fosse composta di minuscole parti indivisibili.
Il ragionamento era facile: se io divido una mela a metà ottengo due parti più piccole. Se divido una di queste due metà ottengo altre due parti ancora più piccole, e così via.
Per quanto tempo si può continuare? Molto a lungo, ma ad un certo punto si dovrà raggiungere una parte talmente piccola da essere indivisibile.
La materia tutta sarebbe formata da queste parti “costituenti”, ed essi le chiamarono atomi (cioé appunto indivisibili), nome che ancora oggi usiamo (anche se abbiamo scoperto che esistono unità ancora più piccole, ma il nome è rimasto).
Essi si chiesero dunque: se, tra le altre cose, anche i nostri corpi sono fatti da combinazioni di questi atomi, allora, se in qualche modo fosse possibile conoscere i loro movimenti, sarebbe anche possibile calcolare i movimenti futuri, che sarebbero quindi determinati dallo stato precedente.
Non esisterebbe, quindi, un libero arbitrio che ci permetta di scegliere se fare una cosa oppure un’altra.
Questa cosa era però improponibile per gli antichi pensatori ellenici, che quindi proposero l’esistenza di atomi molto particolari, che potevano improvvisamente variare la loro traiettoria senza alcuna causa esterna; e di questi atomi “particolari” sarebbe fatta la nostra anima.
Questo mandava il destino fuori gioco, almeno per un po’.
Nel Medioevo, però, saltò fuori un altro problema.
La domanda che si ponevano i pensatori dell’epoca era: se Dio è onnisciente, esso conosce anche il passato ed il futuro; ma se conosce anche il futuro, allora Egli saprà se un uomo si comporterà rettamente oppure no, e di conseguenza se sarà destinato al Paradiso oppure all’Inferno.
Ma una cosa del genere è una predestinazione a tutti gli effetti, che tagliava di netto la libertà degli uomini, che si domandavano: a cosa serve che io mi dia da fare per determinare il mio destino se esso è già segnato?
Oggigiorno gli scienziati sono più o meno concordi con gli antichi pensatori Greci, dicendo che in effetti se noi conoscessimo tutte le variabili in gioco, un supercalcolatore potrebbe “calcolare” il futuro.
Questo in teoria.
Oppure esistono altre teorie che suggeriscono che per ogni possibilità si creino nuovi Universi in ognuno dei quali si verificano tutte le diverse possibilità.
Ma non voglio addentrarmi in questo argomento, visto che tanto il nontro Universo può prendere una sola possibilità per scelta, perciò la cosa non ci tange.
Allo stato attuale delle cose è che l’uomo possiede il libero arbitrio, ma solo perché non può, forse non ancora, conoscere tutte le variabili della realtà, e quindi prevederla.
Ad ogni modo, senza fare un trattato di filologia sull’argomento, mi ero posto la domanda applicata alla quotidianità di ognuno di noi.
Libertà o destino?
Ognuno sceglie ciò che preferisce, ma chi ha ragione?
La risposta è – a mio parere – quantistica: entrambi.
Questo perché libero arbitrio o destino potrebbero essere semplicemente due modi diversi di vedera la stessa cosa.
Infatti di fronte ad una situazione possiamo decidere di affrontarla in tanti modi diversi, ma il fatto è che poi ne verrà attuato uno, ed uno soltanto.
In pratica, guardando la realtà verso il futuro potrà andare in tanti modi diversi, ma guardando verso il passato andrà solo in un unico modo.
Si può vedere anche come l’esistere di una combinazione dei due: libero arbitrio per alcune cose, e destino per altre; tipicamente il primo per le piccole cose ed il secondo per la via che prenderà la nostra vita.
E’ proprio così?
In genere le prime vengono da una conoscenza totale della situazione (“So che che mi restano solo due mele, quindi comprerò altra frutta”), mentre le seconde da una conoscenza parziale o nulla (“Perché ho incontrato quella persona? Come mai si trovava lì?”) .
Cioé nelle prime si fa una scelta consapevole, nelle seconde si è trascinati dagli eventi.
Questo lo si potrebbe spiegare con la cosa di cui sopra: nel secondo caso sono problemi troppo complessi e con troppe variabili di cui ignoriamo il valore o la stessa esistenza per poter essere calcolati, mentre nel primo caso sono problemi semplici e di cui conosciamo tutti gli aspetti.
Quindi forse la risposta è proprio quella data all’inizio e che ho ripreso dopo: destino e libero arbitrio forse non esistono di per sé, ma sono solo degli aggettivi dati alla realtà, ed entrambi validi.
Un po’ come se due persone discutessero: “quel tavolo è rotondo” “no ti sbagli, quel tavolo è marrone”…
Fonte : http://cittadiariano.it
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